ANDARE OLTRE
Quaresima 2021

Oltre l’evanescenza: la cura

La compassione è un gesto che ci avvicina a Dio, che è il compassionevole: «lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 102, 8). «Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate … Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada. La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune… Il racconto… ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano, tante volte dimenticata: siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore…  Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità. Ci scontriamo immancabilmente con l’uomo ferito. Oggi, e sempre di più, ci sono persone ferite. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza… tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano…
È l’amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa… Amore che sa di compassione e di dignità… Con i suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro… Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come un samaritano… Ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza; quelle che si chinano riconoscendo l’uomo caduto e quelle che distolgono lo sguardo e affrettano il passo…Il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non essere fedele a tutto ciò che la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio»(Francesco, Fratelli tutti nn 62,64,66-74).
La croce di Gesù, se la vediamo come segno di compassione, è la grande lezione di Cristo, del suo spessore umano-divino. La compassione non è del momento, ma è progettualità soprattutto per coloro che si dicono cristiani. Avere compassione è possibile se si ha un cuore compassionevole. Non è questione di volontà, ma di cuore che governa la volontà, perché la compassione è abbassamento. Non è forse ciò che Gesù ha realizzato dalla croce? Quando un discepolo di Cristo vive la compassione permette a Cristo di farsi ancora “carne” e attraverso di noi agisce in chi vive nel disagio. Diveniamo quindi “sacramento” di Cristo. Per questo motivo San Paolo ci ha offerto quella bellissima e per certi versi sconcertante pagina della lettera ai cristiani di Filippi.
«Non fate nulla per spirito di rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,4-11).
La compassione ci permette di offrire la nostra persona, la nostra “carne” a Cristo perché Lui possa essere sperimentato compagno di cammino, fratello che condivide, maestro che insegna l’arte della pace del cuore e non solo dei singoli, ma anche delle varie collettività, anche laiche, delle famiglie, delle istituzioni dove si discute sull’uomo in difficoltà.
La Quaresima è tempo di una grazia particolare che Cristo ci fa per allenarci alla compassione cioè a fare spazio all’altro che ci è vicino o del quale abbiamo sentito il bisogno e ciò attraverso l’ascolto della sua Parola, il cibarci di Lui nella Santa Eucarestia e la preghiera.

Per la riflessione…

  • Che significato ha per la tua vita l’aggettivo“compassionevole”?
  • Concretamente, quali risvolti avrebbe?

 

Oltre la tradizione: l’amore inventivo

Vivere bene la Quaresima allora non è prima di tutto esercitarsi nei pii esercizi tradizionali, che pur hanno il loro valore, come la Via Crucis, qualche gesto di carità, devozioni varie, ma è “stare” davanti al Maestro crocifisso, contemplandolo. Egli ancora oggi insegna dalla croce il segreto della gioia interiore, della pace del cuore, che è la com-passione: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23-34). Non solo dalla croce il Signore ha testimoniato il cuore del Padre, ma sempre. Gesù “vede”, si accorge, invita alla condivisione, chiama per nome e i primi ad essere oggetto della sua compassione sono stati proprio gli Apostoli. Gesù li vede, si accorge di loro, li chiama a condividere il suo progetto.
«Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e   Giovanni suo fratello che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono» (Mt 4,18-22).
Vedere con gli occhi del cuore vuol dire accorgersi di una presenza che può diventare consenso, condivisione, cambiamento radicale di vita. Questo ha fatto Gesù e desidera nei tempi proseguire la sua scelta attraverso il nostro accogliere l’altro: «Qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me»  (Mt 23,45).
«Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “E’ andato ad alloggiare da un peccatore!” Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,1-10).
Gesù camminava “vedendo” l’altro, chiamandolo alla sequela, cioè ad un cambiamento di vita, di progettualità, di cuore. La Quaresima allora va oltre le pur significative e antiche pratiche di pietà e ci porta al cuore del messaggio cristiano: perdonati perdoniamo, amati amiamo, illuminati illuminiamo. Il Signore ci ha condiviso e ci condivide nella nostra fragilità insegnandoci che l’altro non è un problema, ma una grande opportunità per camminare con Lui, per Lui ed in Lui; per camminare mano nella mano perdonandoci a vicenda dal profondo del cuore, avendo come meta il canto dei salvati, il canto dei perdonati che perdonano perché hanno ricevuto un cuore capace di condivisione senza steccati e miopie; un cuore battezzato dalla sua presenza che continua ad abbracciare, benedire, condividere gioie e dolori, fatiche e speranze. La Quaresima allora è da vivere come grande opportunità avendo gli stessi sentimenti di Cristo il quale da ricco che era si è fatto povero per noi.

 Per la riflessione…

  • Quali opportunità ti offre Gesù compassionevole?

 (Da “Andare oltre…” lettera del parroco don Pierino Liquori alla Comunità per la Quaresima)