Coronavirus
tra paure e speranze

In questo periodo pubblicheremo alcune riflessioni e preghiere fatte da nostri amici durante i primi tempi della Pandemia per condividere paure e speranze e con l’auspicio che anche altri possano offrire il loro contributo inviando a:  info@parrocchiasanlazzarolecce.it

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Papa Francesco sale faticosamente verso l’altare sul sagrato della Basilica di San Pietro, solo nel silenzio assoluto di una piazza deserta: questa sequenza per me rappresenta più di ogni parola l’atmosfera della pandemia 2020. L’uomo che si muove a fatica alla ricerca di un abbraccio nel colonnato del Bernini, ha suscitato un senso di angoscia per il vuoto che lo circondava mentre si faceva strada la consapevolezza che solamente Dio Padre può dare conforto nella solitudine e nella disperazione.
L’uomo, l’umanità tutta è in quel faticoso procedere del nostro Papa con le sue debolezze verso una accettazione di ciò che altrimenti appare assurdo ed insensato. La preghiera e la fede non sono “dimostrazioni”, non hanno risposte risolutive, tuttavia ognuno attraverso un personale cammino più o meno faticoso tende ad un “abbraccio” che riscaldando il cuore porta serenità. Papa Francesco prega, e io? Seguire in TV riti e preghiere rende veramente partecipi o si rimane spettatori? Dipende da me, perché ho bisogno della Chiesa per colloquiare veramente con Dio?.
Nonostante il lungo periodo di culto televisivo, non ho chiarito a me stessa la mia reale posizione.
Molte persone hanno manifestato una paura sconvolgente nei confronti della malattia, questo determina l’allontanamento dagli altri per evitare occasioni di contagio. Quindi il rapporto umano è visto come “pericolo”, “minaccia”. Certo le precauzioni vanno prese, ma non si può vivere pensando a quante possibilità di contagiarsi ci aspettano appena usciamo dal nostro isolamento. Personalmente non è la paura della malattia ad avermi preoccupata, mi ha angosciata la lontananza, divenuta insuperabile, dai miei figli: uno vive a Sydney, un altro a Palermo, uno è qui. Fino a quando i collegamenti sono stati possibili, vivevo questa situazione senza drammatizzarla, ma quando mi sono resa conto che non potevo raggiungere i miei ragazzi, né potevano farlo loro, qualora fosse stato necessario, ho dovuto constatare che la lontananza è “separazione”. Fino ad ora si pensava che in poche (o anche in molte) ore si potevano riabbracciare i propri cari; ora non è più così: chilometri, frontiere, fattori climatici e culturali, hanno acquistato un valore diverso. Sono sbarramenti, ostacoli, chiusure divenute invalicabili limitando la nostra libertà.
Possibile che si sia annullato in poco tempo ciò che nei secoli si era riusciti a costruire. I miei figli sono così distanti, se mi fossi ammalata, o peggio se si fossero ammalati loro, come avrei fatto? La comunicazione verbale non è mai venuta meno, ma in alcune circostanze non basta, o almeno per una madre non è sufficiente. Se mi soffermo su questi pensieri arriva l’angoscia, la paura, la voglia di fuggire. Allora quasi senza volerlo dalle labbra escono invocazioni, richieste di aiuto e infine preghiere pronunciando il nome di Dio.
Per qualche momento è venuta meno la fiducia nel Padre, nel suo provvidenziale abbraccio. Ecco il concetto di Provvidenza di manzoniana memoria, spesso si è affacciato alla mia mente in queste circostanze. Era molto presente nei pensatori cristiani da Sant’Agostino in poi, attualmente non mi sembra oggetto di riflessione. La odierna Pandemia è una prova?, tutto accade per caso? Gli interrogativi ballano nella mente e nel cuore… L’isolamento forzato ha rafforzato i legami familiari? Ha determinato rifiuto della solitudine? L’argomento meriterebbe un adeguato approfondimento. Ciò che mi ha colpito sono state le cifre relative ai contagi e ai morti che si sono verificati tra gli anziani nelle famigerate RSA. Si è scoperto che tanti di loro vivono esperienze di allontanamento, di esclusione… Spesso nelle case dei figli non c’è posto per i genitori divenuti ormai sofferenti o non autosufficienti  bisogna subordinare tante cose. In verità spesso c’è un grande egoismo, un desiderio di fuggire da sacrifici e rinunce perchè, certamente  accudire ed accogliere persone sofferenti… comporta pazienza e disponibilità, così ecco la scelta della “casa” più accogliente, dove però si affrontano giornate sempre uguali, in attesa del sorriso di un nipotino (con il quale giocherebbe volentieri ,se fosse possibile… Ecco la Pandemia mi ha portato a riflettere su tante cose. La porta chiusa della nostra chiesa parrocchiale, il silenzio intorno… Un silenzio non di pace, ma come di attesa: accadrà ancora qualcosa? Silenzio e vuoto.
Alcuni hanno sostenuto che così la città è più bella, ma la città è fatta per gli uomini (cives), e anche le chiese sono fatte per l’Assemblea (Ecclesia), cioè per fare incontrare i credenti tra loro e con Dio. Quindi il vuoto e il silenzio assoluti non appartengono a queste realtà. Da ciò il senso di estraneità, se non di paura generati dall’assenza di presenze umane con cui rapportarsi. Quindi, appena possibile si sono riallacciati contatti personali dei quali si sentiva tanto la mancanza. Non bastavano i contatti tecnologici, l’uomo ha bisogno d’altro…Preghiamo, speriamo, obbediamo…, ma non ci isoliamo.

Zoe P.S.

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Mio caro Gesù abbandonato, a te rivolgo questa mia comunicazione, nata come lettera, convertita però presto in supplica diretta al Cielo.
Tu leggi nel cuore orante dell’uomo pure le attese dei fratelli bisognosi di aiuto che vi sono racchiuse; conosci già quindi il grande dolore che ci abita da mesi, a causa della pandemia, che continua a mietere vittime, a migliaia. Ridonaci la vita, mio Dio, perché ritorni, sulla terra, il sorriso e cessi lo smarrimento di cui, un po’ tutti, soffriamo, angosciati.
E’ divenuta insostenibile la sensazione di solitudine, generata in noi dal pensiero che troppi amici ci hanno “lasciati” in un tempo assai breve. Tu certamente avrai accolto quanti sono morti, perché contagiati dal covid, da soli, negli ospedali.
Per loro ti chiediamo un supplemento d’Amore per l’abbandono umano che hanno dovuto patire. E proprio dell’abbandono voglio parlarti: anche noi, rimasti, per ora, indenni dal contagio, subiamo gli effetti deleteri dell’isolamento: non pochi, giovani e vecchi, infatti, si chiudono alla relazione con il prossimo, e con te…, per la perdita della fede. Nè mancano tra noi, coloro che, pur essendo cristiani, credono di riconoscere, nella pandemia, un castigo divino, o, peggio ancora, un male potente, cui neanche tu, nostro Dio, puoi opporti. – Siamo ancora manichei? -Aiutaci a comprendere che la tua Provvidenza è tanto grande da saper trasformare questo tempo di crisi, di cui siamo, in un certo senso, responsabili (il coronavirus è un effetto del disastro ambientale che abbiamo causato, deteriorando il nostro rapporto con il pianeta terra), in occasione di conversione e desiderio di salvezza, per l’umanità intera.
Quanti fra noi, infatti, sono soliti contemplare la tua opera nel creato, Signore, stanno maturando una necessaria coscienza del limite umano, e il conseguente sentimento di umiltà cristiana, che purtroppo stavamo, quasi tutti, smarrendo.
Rendici capaci tu, che sei la stessa vita, di abbandonare la nostra abituale superbia per crescere nella filiale certezza che il Dio che ci ha creati, dal nulla, non può lasciarci perdere, vittime di una fatalità malvagia… Aiutaci, Gesù, Crocifisso dalla tua stessa misericordia per gli uomini, a riconoscere nell’angoscia che ci attanaglia, nel dolore che pure ci siamo procurati, nella malattia che contraiamo, per le scelte spregiudicate fatte, e nella nostra finitezza, non una tua punizione, ma i “luoghi” in cui tu vivi e patisci “con” e “per” noi, desideroso di trasformarci in esseri sublimi, leggeri, radicati nella fede, adatti all’Eternità divina, cui ci hai destinati, per godere in te, noi, tutti insieme, da fratelli.

Maria Grazia C.