Vangelo in briciole
16 giugno 2019

SANTISSIMA TRINITA’

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:  «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.  Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.  Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

La Trinità è il cuore della nostra vita; noi siamo nati perché Dio ci ha destinati all’Eternità, luogo dell’amore, in cui si incontrano l’Eterno Padre con Gesù, Suo Figlio. L’eternità infatti non corrisponde ad un mondo immaginario, inesistente; la possiamo percepire invece, se prolunghiamo oltre i limiti del tempo le ragioni per cui Dio ci ha offerto di vivere.
Per meglio spiegarmi mi affido alla geometria: noi siamo come semirette che hanno un’origine (la nascita), ma poi continuiamo all’infinito.
Nel libro della Genesi Dio si rivela Trinità ad Abramo che la incontra nelle vesti di tre pellegrini, ospiti del Patriarca, che li riceve con tutti gli onori possibili.
Mi ha sempre commosso l’accoglienza che Abramo riserva ai tre ospiti sconosciuti, desiderando di prevenire e di soddisfare i loro possibili desideri. Se fossimo capaci- mi dico- di accogliere con la stessa cura non solo i nostri simili, ma lo stesso Dio, che,  spesso inascoltato, ci chiede un po’ del nostro tempo e un minimo di attenzione! Pure Gesù dice nel Vangelo “ io sto alla porta e busso”. Solo se Gli apriamo diviene nel nostro animo commensale, insieme col Padre Suo.
La visita dei tre pellegrini ad Abramo ha termine con la promessa, fatta a lui e a sua moglie Sara, della nascita di Isacco (sospirato figlio della promessa). Dio si prenderà anche cura di rendere Abramo un buon padre, cosciente cioè che un figlio non è proprietà personale.
A maturare un rapporto filiale con Dio ci aiuta Gesù Cristo che vive una forte relazione con il Padre, Abbà (da tradurre PAPINO), cui lo lega un amore infinito. Così come enorme è il dono che ci fa il Cristo quando apre anche a noi la paternità di Dio, inserendoci nel cuore della Trinità. Per molti anni ci è rimasta sconosciuta la passione dolorosa patita per noi uomini da Dio Padre quando Gesù si è offerto sulla croce. Con la morte dell’Unigenito, da noi crocifisso, Dio non era più neanche “Padre”, rinunciava cioè al Suo ruolo eterno divino e, impoverito per amore nostro. Nella Basilica di Santa Croce della nostra città, sull’altare della reposizione eucaristica, mi si è dato di contemplare un tondo, nel quale si vedono, dietro Gesù, braccia spalancate in croce, anche il Padre e lo Spirito. Noi abbiamo, per secoli, impoverito il mistero della Trinità di Dio riducendolo a un dogma. Oggi invece, i padri della Chiesa, che abbiamo imparato a leggere e gli studiosi di teologia, ci parlano della Trinità come mistero del Dio amante dell’uomo fino alla follia, all’annientamento chenotico della Sua grandezza per un’umanità  da convertire all’amore in cui la Trinità ci chiama con sé a vivere.

M.G.C.