Vangelo in briciole 16 dicembre 2018

III DOMENICA DI AVVENTO

16 Dicembre 2018

Dal Vangelo secondo Luca

 

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

E’ soltanto apparente, nei testi biblici di questa III Domenica di Avvento, il contrasto che scaturisce tra l’invito alla gioia delle prime due letture e la richiesta, da parte del Battista, di riempire di scelte concrete e di contenuti alti l’attesa del Signore che viene e dunque il nostro corrergli incontro.

Noi pellegrini verso Betlemme, verso la luce, andiamo a sperimentare la vicinanza di colui che può dare un senso nuovo e pieno alla nostra esistenza spesso segnata dalla noia, dall’appiattimento, dall’apatia.

Chi avverte il bisogno di ricuperare il significato profondo della vita non può non accogliere l’invito di Sofonia e quello di  Paolo: «Rallegrati… gioisci … esulta ed acclama con tutto il cuore» (Sof 3,14) e « Siate sempre lieti…non angustiatevi per nulla» (Fil 4,4).

La gioia presentataci in  queste pagine che la Chiesa pone alla nostra meditazione è una gioia non solo da vivere ma anche e soprattutto da conquistare: ecco la differenza con quanto, invece, il mondo ci impone in questo nostro tempo.

La gioia conquistata ha un prezzo che il cristiano paga attraverso scelte quotidiane e che lo fanno gradualmente partecipare ad una festa che dura e che si radica nel profondo di ognuno di noi: una festa sulla quale non è posta la parola fine e una festa che non può esser rovinata dai tentativi maldestri di chi desidera oscurare la gioia vera.

L’invito all’entusiasmo rivolto dal profeta e dall’apostolo può esser accolto soltanto da gente disposta a interrogare e a interrogarsi, proprio come coloro che dopo aver ascoltato il Precursore del Signore si chiedono: «che dobbiamo fare?» (Lc 3,10).

La prima parte del Vangelo odierno, ponendoci questo quesito, spinge il credente a fare delle osservazioni concrete e ad assumere degli impegni:

chi ascolta la Parola con disponibilità alla conversione non può non riflettere su quali orientamenti dare alla sua vita di fede giacché è sempre in agguato la tentazione di dire agli altri ciò che devono fare, prescindendo dal sé;

le provocazioni scaturite dal Vangelo ci ricordano che l’Avvento è tempo da rivestire di concretezza, una concretezza che deve toccare la nostra storia personale e comunitaria;

dinanzi alla richiesta di conversione occorre vigilare per non cadere nell’attivismo fine a se stesso o nella rinuncia ad agire per la grandezza dei problemi.

Il cristiano conosce che la risposta al Signore che chiama richiede impegno, ma è conscio di avere la grazia per far fronte a questa bella sfida.

La seconda parte del Vangelo, invece, contiene indicazioni pratiche su come dire al mondo la propria appartenenza a Cristo.

Molte volte la nostra testimonianza non incide perché siamo presi da manie di grandezza, di insostituibilità:  Giovanni ci da lezione di realismo, di proporzione, dicendo di non esser degno di slegare i sandali del Messia.

Cosa possiamo fare per prepararci ad incontrare il Dio fatto uomo?

Coloriamo di gioia la nostra vita, quella gioia che può vivere e sperimentare solo chi ha qualcuno da amare.

Don Federico