“…e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14)

Siamo proprio convinti dell’utilità della sua venuta in questo nostro mondo che vede quotidianamente strapparsi da sè qualcosa di importante nella fatica di raggiungere la felicità, in questa nostra società che, per tanti versi, è sorda agli aneliti di giustizia e di pace, che evidenziano sofferenza da una parte e oppressione dall’altra?
In una quotidianità “imbarbarita ” da scelte e gesti contro la persona in ogni campo. In un quotidiano alla ricerca di senso, che non è offerto dal potere, dall’avere, dal piacere.
In una società dove la persona vale non per quello che è, ma per quello che possiede, ha ancora senso festeggiare l’evento natalizio, che non sia solo occasione di festa senza il Festeggiato?
La trasformazione dell’Evento, che ha dato il tocco di Dio nella ferialità della vita dei singoli e della società degli uomini, in mera occasione di festa, di viaggi, di regali, di cene e di pranzi, esprime si bisogno di confermare o ripristinare relazioni, di riprendere energie usurate dal tran tran quotidiano, ma è anche bisogno di luce nel cuore dell’uomo. Fa riflettere come in questi giorni da ogni parte del mondo si cerchi di abbellire il quotidiano con tante luci. Non è segno della grande nostalgia di festa, di pace, di speranza, di gioia, di luce interiore che singoli e popoli manifestano? E il Cristo non è forse venuto per questo? Dice il Vangelo di Luca che: “un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce” (Lc 2,9), riferendosi ai pastori. E così i sapienti magi seguono la stella che avevano visto sorgere e adorano il nato re. (cfr Mt 2,1-11). Gesù stesso dirà: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Gli è convenuto diventare creatura, lui che è il creatore? Qual è il segreto nascosto, pieno di mistero, di fascino del Natale? È la luce dell’amore! Si può dire che con il Natale sia iniziata la partita dell’amore. “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro…” (Mt 11,28-29). Gesù non si è fatto un viaggio dal cielo sulla terra, ma è il Cielo che si è fatto terra: “e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14), si è fatto cioè creatura, figlio della terra e noi ammiriamo, stupiti, questo “sposalizio. L’eterno sposa il tempo, il cielo sposa la terra. Uno sposalizio vero, drammatico, ma gioioso, luminoso che ci fa guardare al futuro con speranza. La terra, simboleggiata dalla stalla di Betlemme, ha accolto il cielo. Il pastore, guida dell’umanità, trova casa tra gli animali. Perché? Forse perché gli umani sono distanti dal suo mondo? Forse sì! Ma lui decide di giocare fino in fondo la partita dell’amore e la gioca nella mangiatoia, che oggi è il simbolo della terra intera, dei singoli, delle nazioni, dei popoli di tutte le razze, condizioni e culture, delle ansie, dei dolori, delle speranze. In questa “mangiatoia” viene ancora oggi; da qui sprigiona il canto degli angeli, la luce, il cammino dei poveri pastori, dei saggi. Qui è la bellezza che si fa amore perché è condivisione di gioie, di speranze, di dolore. Da qui scaturisce lo stupore dei semplici e l’imbarazzo e la paura dei potenti. Da qui siamo chiamati a uscire fuori da noi stessi e a metterci in cammino, a stupirci di un dono che cambia la vita, tanto è prezioso! Da qui nasce il movimento degli umili di cuore, dei “bambini” secondo il Vangelo; delle donne e degli uomini che hanno respirato e respirano l’aria della “grotta”, che è la fede in lui, l’amore ricevuto, e cantano insieme agli angeli e alle stelle, e adorano mentre vengono riscaldati dal suo amore e, stupiti della sua bellezza, raccontano le meraviglie di Dio che si fa uno di noi, uno per noi perché anche noi possiamo essere uno con Lui e tra di noi. Natale: lo stupore dell’Amore! La luce della grotta di Betlemme illumini i tuoi passi.

Buon Natale !

Don Pierino e don Federico