Vangelo in briciole
10 novembre 2019

XXXII  DOMENICA T.O.

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Gesù si propone come vera immagine del Figlio che ha ricevuto la vita dal Padre,  che consegna la vita al Padre  nella morte e che dal Padre sarà richiamato alla vita nella risurrezione. La sua morte è un atto di amore e obbedienza, compie il progetto divino di redenzione dalla schiavitù della morte. La croce è il talamo su cui lo Sposo ha donato la vita per la sposa. Dalla sua morte nasce la vita. I sette fratelli della prima lettura e del Vangelo sono morti tutti. Da loro e dalle sette spose si aspettava un futuro e la continuazione della vita. Come nel caso dei Maccabei lo sterminio è scelto spesso come soluzione di un male. La morte darebbe ragione a chi cerca di accaparrarsi la vita a tutti i costi, quella propria e quella degli altri. La morte ha il potere di sofisticare la vita e snaturarla del suo vero sapore. L’inganno della morte è questo: che bisogna lasciare una traccia duratura di sé. Educa ad accumulare, per poi dove lasciare tutto: quanti uomini rimangono vivi per i loro “lasciti”! La risurrezione per il cristiano è la risurrezione di Gesù, cioè il fatto che Dio abbia costituito “Signore e Cristo” il Crocifisso, colui che è morto di una morte violenta, l’ucciso e il fallito. E’ il rapporto con il Risorto e con il Vivente che qualifica la nostra vita, è la speranza dell’incontro con Lui che porta ogni giorno a bene operare, cercando di perdere la vita per poi ritrovarla, di non tenerla stretta a se’. La morte non è più il lasciare, ma il trovare, il ricevere, il contemplare l’autore della vita, Colui che ce l’ha donata e la custodisce nelle sue mani. Essere “angeli” del Risorto, annunciatori della sua Signoria sul mondo: è questa la nostra vita. Lui, che è stato svegliato dal Padre al mattino del terzo giorno, verrà a destarci dal sonno della morte. Questa, in quel momento, non avrà più alcun potere, tutti i suoi incantesimi svaniranno perché la vita sarà fatta risorgere per sempre. Risorgerà dunque la carne:  identica, completa e integra. Ovunque essa sia, è depositata presso Dio, ad opera del mediatore Gesù Cristo, che renderà Dio all’uomo e l’uomo a Dio; lo spirito alla carne e la carne allo spirito: entrambi Egli li ha già uniti nella sua persona. Quindi quello che consideriamo uno sterminio è una semplice partenza.
“La nostra anima non deve avere astio per la carne, perché nessuno è più prossimo da dover amare, dopo Dio; nessuno ti è più fratello perché anche con te nasce in Dio”(Tertulliano).
“Il corpo umano sarà risuscitato dopo la morte e questo scaturisce dalla libertà di Dio.” (R. Guardini).

 

Enza Gigante